Domenico Mangano

Quando vi impegnate per la pace, o in favore dei poveri, voi fate politica. Politica deriva da polis, una comunità che si amministra come se fosse una famiglia, in cui io vivo e contribuisco al suo funzionamento. Così sarà nella polis, dove i miei comportamenti produrranno l’armonia piuttosto che la confusione. Se mi comporterò con le cose pubbliche come mi comporterei con le mie, creerò armonia […] Aderire alla politica è dunque diventare pienamente cittadini. E contribuire a trasmettere anche a tanti altri questa determinazione: come? Non solo amando le cose materiali della mia città - gli alberi, la scuola, la strada - ma amando le persone che vi vivono [...] Tutte queste persone sono la polis: sono tutte candidate a formare una comunità.
Domenico Mangano, Discorso ad un gruppo internazionale di giovani
Domenico Mangano (1938-2001): laico impegnato, politico combattivo, cristiano autentico, decide di spendersi per costruire “frammenti di reciprocità”, di condivisione e di dialogo. È consigliere comunale a Viterbo, nel Lazio, per tre mandati consecutivi, ricoprendo altresì l’incarico di assessore alla sanità ed ai servizi sociali. Vede nella realtà comunale il vero laboratorio della politica, mosso dalla convinzione che vi siano, al di là di un’avvilente immagine generale, potenzialità inespresse. Ama chiamare “cristiani anonimi” quei colleghi che, a suo giudizio, nutrono ricche idealità nascoste: facendo leva su questa tensione che crede presente in tutti, riesce più volte far uscire dalle “secche” di una deriva il consiglio comunale della sua città, come quando riesce a dare soluzione alla decennale questione delle terme cittadine. Suscita un coro di consensi fra i colleghi di tutti i partiti, e viene chiamato a riportare in giro per l’Italia l’esperienza viterbese. Condivide così il difficile segreto: “ […] noi amministratori se ci potiamo del superfluo, di ciò che non è essenziale, se soffriamo per trovare su ogni progetto l’accordo di tutti avendo come fine il bene comune, allora anche noi assisteremo nei nostri consigli comunali ad una nuova primavera. Ma se non ci potiamo, come l’albero anche i nostri partiti, le nostre amministrazioni rischiano di morire”. Nel 1985 lascia il suo impegno nell’amministrazione comunale: coerente con l’altruista “visione di amore” che da sempre lo contraddistingue e che gli impone di ricercare il bene comune, è fedele al proposito di non ricandidarsi dopo tre mandati amministrativi per favorire un ricambio generazionale. Si sente chiamato ad operare a livello planetario per quella stessa fraternità universale a cui ha dedicato fino ad allora le sue energie. Questa sua nuova stagione politica è segnata dall’incontro con il Movimento politico per l’unità, di cui commenta più volte “l’utopia”: “[…] è un modo di stare insieme e di costruire la politica: è certo muoversi in sintonia ed è anche fioritura d’azioni cui partecipano politici e cittadini. Questo grazie al dialogo fra posizioni diverse: perché l’inizio del Movimento politico per l’unità è la diversità in dialogo [… ma] Il dialogo è solo un mezzo per raggiungere il grado successivo che è l’unità delle diversità”. È possibile conoscerlo di più attraverso la biografia “Frammenti di reciprocità – la vita di Domenico Mangano” di Paolo Crepaz – Città Nuova editrice, Roma 2002.
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